Ciao e benvenuti a tutti gli appassionati della storia dei Tarocchi e dei “fatti” che l’hanno caratterizzata! Se siete qui, probabilmente condividete la mia passione per questo antico mazzo di carte e la sua storia affascinante.
Ma perché la storia dei Tarocchi è così importante? Oltre ad essere un gioco di carte, i Tarocchi sono stati utilizzati per la divinazione, condensare insegnamenti iniziatici ed oggi sempre di più come strumento di indagine interiore, le loro immagini sono e sono state fonte d’ispirazione per l’arte, la letteratura e la cultura popolare.
Ma come si sono sviluppati i Tarocchi nel corso dei secoli? Quali sono le influenze culturali e artistiche che li hanno caratterizzati? Quali sono le carte più importanti e le loro rappresentazioni?
In questo lungo articolo troverai una raccolta sempre in aggiornamento di dati e tracce lasciati dai giochi di carte e dai Tarocchi raccolti durante i miei studi e le mie letture, per costruire ognuno secondo le proprie opinioni una “Storia dei Tarocchi” basata sui fatti accertati da studiosi e storici.
Ho concepito questo elenco in ordine cronologico e ho dato una valutazione ai “fatti” a seconda dell’importanza che sembra avere nella storia dei Tarocchi quindi dalla frequenza con la quale una traccia viene citata e anche dalla sua “affidabilità”, spesso infatti le fonti di questi indizi sono ambigue e i dati molto incerti.
Attenzione! questo articolo sui “fatti” salienti della Storia dei Tarocchi e delle carte da gioco è compilato per passione e seppur implementato, per quanto possa, con cura e attenzione non pretende di essere né esaustivo, né scientificamente rigoroso, ha più la finalità di creare un “diario di appunti” per esplorare insieme i fatti più rilevanti nella storia dei Tarocchi e delle carte da gioco.
Se sei un appassionato di Tarocchi o sei semplicemente curioso di saperne di più sulla loro storia, allora ti invito a continuare a leggere questo articolo e a scoprire insieme la storia dei Tarocchi!

Giocatori nel “De Meliadus”
1355 – 1360 (NAPOLI?)
Forse la testimonianza più antica della presenza di carte da gioco in Europa è un’immagine tratta da una versione illustrata del “Roman De Meliadus”, questa immagine ritrae un Re e dei cavalieri giocare a carte, tra le quali si distingue il 2 e il 5 di denari.
G.Berti – Storia dei Tarocchi 2022
Dunque ad oggi la testimonianza Europea più antica è sicura sembra essere un’illustrazione contenuta nel Roman de Meliadus, un romanzo cavalleresco che apre il ciclo di Guiron le Courtois, composto tra il 1235 è il 1240. Una versione illustrata del romanzo fu realizzata verso il 1003 155 3360 da diversi artisti napoletani per Re di Napoli Luigi di Taranto, o Luigi D’Angiò (m.1362). In una delle figure si vede il re mentre gioca a carte con un gruppo di cavalieri e si distinguono chiaramente il 2 e il 5 di denari.
Wikimedia
Questa è la prima rappresentazione conosciuta del gioco di carte, una miniatura in un manoscritto del XIV secolo di Meliadus o Guiron le Courtois (parte del romanzo noto anche come Palamedes ; noto anche come Le Roman du Roy Meliadus de Lennoys ), di Hélie de Boro.
Il manoscritto è stato scritto con aree lasciate vuote per l’aggiunta di miniature di bas-de-page, come questa. A questo manoscritto ne furono aggiunte centinaia, in tempi diversi e da vari artisti.
L’immagine attuale mostra il re Meliadus ei suoi seguaci che si divertono mentre sono in cattività. Stanno giocando un gioco di presa di prese a 4 mani , seguendo l’esempio e accumulando prese trasversalmente per facilitare il conteggio.
Il mazzousa i segni dei semi latini, (sono mostrate monete e bastoni), e il gioco si gioca con denaro, mostrato sul tavolo.
Il gioco delle carte non è menzionato nel testo, ma si parla di uomini imprigionati che si divertono. Apparentemente l’artista ha semplicemente immaginato la scena come coinvolgente il gioco di carte di nuova introduzione e altamente portatile.
Probabilmente fine XIV secolo. Autore Artista napoletano di influenza francese, per Luigi I di Napoli.
Fonte Biblioteca Britannica: http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Add_MS_12228
Wikimedia:
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Playing-cards-meliadus-naples-1362-detail.jpg
Diccionari de Rims
1371 – SPAGNA
In questo diccionari de Rims compilato dal poeta catalano Jaume March nel 1371 sembra si trovi la prima testimonianza del vocabolo “Naips” (Naipes) usato in Spagna per indicare le carte da gioco.
Di questo dizionario, però, non ci è pervenuta la copia del 1371 ma solo riproduzioni successive, non è quindi possibile riferirsi con sicurezza a questa testimonianza per datare l’apparizione delle carte da gioco in Spagna.*
G.Berti – Storia dei Tarocchi 2022
Un riferimento altrettanto importante è contenuto nel diccionario de rims compilato nel 1371 dal poeta catalano Jaume March. Qui si incontra il termine naips, analogo all’odierno naipes usato nei paesi ispanici per definire le carte da gioco. In realtà, il dizionario è conosciuto solo grazie a copie posteriori all’originale, dove il termine naips a volte è riportato e altre volte no. In ogni caso e per molti altri consistenti motivi gli storici datano l’apparizione delle carte in Spagna al 1360-1365. Le più antiche testimonianze materiali di carte da gioco, in realtà sono solo dei frammenti, vengono dalla penisola iberica risalgono al 1380 circa.
Storia dei Tarocchi, G .Berti, 2022 p.14




La “Provisio” di Firenze
23 MARZO 1376 – FIRENZE
Volentes malis obviare principiis, domini priores…audito quomodo quidam ludus, qui vocatur naibbe, in istis partibus noviter innolevit…ordinaverunt et deliberaverunt, die XXIII mensis martii anni Domini 1376, indictione XV, quod in omnibus et per omnia et quo ad omnia eadem pena sis et imponatur omnibus et singulis qui in futurum ludent in civitate, comitatu vel districtu Florentiae ad dictum ludum, seu qui dictum ludum retinebunt, que, prout et quemadmodum imponeretur, seu imponi posset vel deberet, de ludo seu pro ludo adçardi.
Provvigione di Firenze
La “Provisio” di Firenze, documento conservato a Firenze presso l’Archivio di Stato, è un documento molto discusso tra gli storici che attesta la presenza dei giochi di carte a Firenze già nel 1376 e come fa giustamente notare I.Nadolny è una testimonianza importante perché ci dice che il gioco “è appena arrivato” quindi è recente e non è del luogo, inoltre le carte sono citate con il nome (straniero) di Naibbe.
I.Nadolny – Histoire Du Tarot – 2018
Così, un decreto del comune di Firenze firmato il 23 maggio 1376 vieta un gioco che è arrivato da poco e chiamato naibbe: “Noi i priori, volendo combattere i cattivi principi, avendo sentito che un certo gioco chiamato naibbe ha preso piede in questa regione…” Questa citazione ci dice in modo molto interessante che il gioco di carte è arrivato da poco (quindi il periodo che pensiamo è quello giusto, che è “arrivato” (quindi non è stato prodotto in quel luogo), e che portava il nome di “naibbe”.
Nadolny, Isabelle. Histoire Du Tarot: Origines, Iconographies, Symbolisme. Éditions Trajectoire, 2018. pag 21
Enciclopedia Treccani
Accanto alla testimonianza del cronista viterbese sull’introduzione delle carte in Italia possiamo ricordare quella, su cui si fondò lo Zdekauer per affermare, insieme al Merlin e ad altri, l’origine italiana delle carte, fornitaci dalla Provvigione Fiorentina del 23 marzo 1376, nella quale si chiama “novello” il giuoco dei naibi, cui si doveva applicare la legge della zecca. Non è dato però concludere, con lo Zdekauer, a una invenzione italiana, ma soltanto a una importazione, seguita da trasformazioni quasi immediate.
https://www.treccani.it/enciclopedia/carte-da-giuoco_(Enciclopedia-Italiana)/
F.Pratesi – Sull’introduzione delle carte da Gioco a Firenze – 1989
Nella maggior parte delle storie di carte l’attenzione è dedicata alla loro prima diffusione tra i paesi europei. In particolare, si è spesso discusso di quali debbano essere considerate le prime prove documentali; tuttavia, non è stato raggiunto un pieno accordo tra gli storici, si veda ad esempio la questione dell’editto di Basilea. Forse il primo documento generalmente accettato come prova dell’introduzione delle carte in Europa è la Provisio fiorentina del 23 marzo 1376 (corrispondente in realtà al 1377 poiché il nuovo anno iniziò allora a Firenze il 25 marzo).
Sebbene molti testi lo citino, solo pochi forniscono una trascrizione del documento. Per quanto ne so, Zdekauer è stato il primo a scoprire il documento e a comunicare la parte essenziale del testo (1), sebbene il suo contributo non sia stato spesso riconosciuto dagli storici successivi. A Novati (2) si deve un’ampia discussione in chiave moderna sull’introduzione del Naibi, dopo molti suggerimenti precedenti ; tra l’altro viene riportata e utilizzata nella discussione la trascrizione di Zdekauer. Il testo si ritrova poi, più in dettaglio, nel libro fondamentale di Schreiber (3), dove compare la seguente citazione latina: “Volendo opporsi ai principi malvagi, gli antichi maestri… Avendo sentito come un certo gioco chiamato Naibbe è diventato noto da queste parti. che in tutto, in tutto e in tutti gli aspetti, il la stessa punizione sarà inflitta a ciascuno di coloro che in futuro giocheranno nello stato, provincia o distretto di Firenze alla detta partita, o che manterranno detta partita, o dovrebbero essere praticati per sport o per lo sport”.
Questo testo è stato estratto dalla Provisio ‘recht weitschweifig’ di Leo Olshki, al quale Schreiber esprime la sua gratitudine. Recentemente, Rosenfeld (4)ha finalmente pubblicato l’intero testo insieme a quello di analogo contenuto della seduta del giorno successivo. In precedenti articoli quell’autore aveva già richiamato l’attenzione sull’attualità della Disposizione (5) ; si può ricordare che Rosenfeld è stato uno dei più forti sostenitori di un’origine islamica delle carte europee, prima che tale provenienza fosse generalmente riconosciuta; una delle opinioni contrarie che merita ancora di essere menzionata è quella che suppone un’origine spagnola delle carte, a seguito di una particolare variante degli scacchi a quattro mani (6) .
Quando ho iniziato le mie indagini sulla Provisio, avevo dimenticato anche il contributo di Zdekauer, così come l’indicazione delle foglie, già contenuta nel libro di Schreiber. Inoltre, ho conosciuto l’articolo con la trascrizione integrale di Rosenfeld solo quando il mio studio era prossimo alla fine; fortunatamente così, poiché altrimenti probabilmente non avrei cercato i documenti autografi. Dopo aver letto il testo del libro di Schreiber, ho deciso di controllare l’ortografia esatta di un documento, che appare di un valore così fondamentale nella storia delle carte. Ovviamente ho cercato di verificare il testo originale, approfittando dell’occasione che il documento è ancora conservato a Firenze presso l’Archivio di Stato.
Ho prima sfogliato Registri, vol.64, e finalmente ho potuto capire quale fosse esattamente il significato del ‘recht weitschweifig’ di Schreiber. Il codice è largo circa 60 x 40 cm, con circa 40 righe in ogni pagina di pergamena. La legatura è di cuoio e piatti di legno. In particolare, la Provisio che qui interessa è la penultima del volume, collocata dalla foglia 273a alla 294b; Complessivamente 44 pagine scritte, concernenti questioni di varia natura da alcune sentenze contro privati ad indicazioni di rilevanza generale. Tenendo conto anche del fatto che la lingua e la grafia non sono ora tra quelle più familiari, non sono rimasto molto sorpreso dal fatto che alla prima lettura non sono riuscito a trovare la citazione. Di conseguenza, sono stato indotto a indagare meglio sull’intero sistema di quei documenti. In particolare,(7) si spiega che la redazione finale di una Provisio è solo l’ultimo di alcuni passaggi, consistenti in discussioni preliminari, votazioni, ecc.; inoltre, della redazione finale dovrebbero essere registrate diverse copie.
In particolare, due delle fasi preliminari dovrebbero essere conservate separatamente. Nella raccolta Consulte e pratiche – vol. 14 per 1375/77 – dovrebbe esserci una breve descrizione della questione posta, e in Libri Fabarum – vol. 40 per 1371/80 – la relativa votazione va registrata con qualche dettaglio. Dopo questi due atti preliminari, le diverse versioni della Provisio finale dovrebbero essere rappresentate da: una prima in Protocolli, note scritte direttamente dal notaio nel corso della stessa discussione, una seconda in Registri, e una terza in fondi Duplicati.
Purtroppo non tutte queste fonti si sono rivelate utili, dal momento che nelle Consulte e pratiche e nei Protocolli non è stato rilevato nulla di carte in merito. La prima raccolta riporta solo un breve elenco di eventi in corrispondenza delle sessioni di marzo 1376, qualcosa come ordini del giorno appena delineati; probabilmente sono stati registrati solo i punti essenziali e diversi punti minori, come le carte, non sono stati elencati.
Plausibilmente, una discussione su quell’argomento è avvenuta in una data precedente, che non è stata identificabile. Ulteriori accertamenti possono fornire prove su discussioni preliminari, che avrebbero dovuto svolgersi prima della votazione della Provisio finale, arrivando così a date ancor più anteriori rispetto a quel celebre 23 marzo 1377 per la presenza delle carte a Firenze; cioè, in Europa. In ogni caso, nessun record risulta essere riportato in questa raccolta per i giorni di interesse qui. La serie dei Protocolli, invece, purtroppo presenta una lacuna proprio in corrispondenza della fine del XIV secolo: il vol.8 della serie arriva alla data del 10 gennaio 1372, mentre il vol. 9 copre l’inizio del secolo successivo, trattandosi principalmente dell’anno 1417. Ad eccezione di questo periodo, una parte notevole della collezione sembra essere stata conservata,
Tuttavia, le informazioni ottenute dai restanti testi documentari sono state di un certo interesse. Cominciamo con gli atti finali della Provisio. Si conservano due scritti che differiscono solo per alcuni dettagli minori. Il primo è apparentemente quello copiato da Olshki ed è contenuto in Registri, vol. 64, sui fogli 275b e 276a, prossimi alla fine, come punto 3 della Provisio del 23 marzo 1376. L’unica modifica che si può suggerire al testo riportato da Schreiber è di aggiungere dopo ‘eadem pena’: ‘sit et imponatur et imponi possit et debeat omnibus et…’. Il testo corrispondente in Duplicati è prima di tutto scritto più chiaramente. Si verifica sulla foglia 3b, ricoprendo anche la parte iniziale della foglia 4a; infatti, la Provisio si trova qui proprio all’inizio del codice. Inoltre, la frase in questione appare più corretta: «ludus, qui dicitur Naibe, in istis partibus noviter inolevit». Così abbiamo, correttamente, ‘inolevit’ invece di ‘innolevit’ e ‘Naibe’ – scritto in modo fermo – invece di ‘naibbe’.
Ovviamente una delle parti essenziali dell’informazione deriva certamente dall’avverbio ‘noviter’, o molto recente. Così è certo il testimone, e verificato da più versioni praticamente identiche, che il gioco delle carte aveva da poco cominciato a fiorire a Firenze. Sebbene non sia esplicitamente dichiarato, dal testo si può dedurre che fosse iniziata una vera e propria furia del gioco di carte. Infatti, se solo poche persone giocassero a carte, di certo la faccenda non sarebbe arrivata ai massimi livelli del potere legislativo fiorentino.
Abbiamo già incontrato due versioni leggermente diverse del nome comune delle carte, e questa serie non è terminata poiché nel restante documento che cita la stessa sessione, Libri Fabarum vol. 40, foglio 244, elencando gli argomenti posti in votazione – unitamente ai relativi risultati – sono citati come ‘na(i)bbj’. Qui la riga pertinente è, ‘3. provisionem disponentem de pena ludentium ad naibbj. disp. 31’. La lettera ‘i’ manca alla prima scrittura e appare come inserita successivamente dalla stessa mano. Un ulteriore indizio per la provenienza straniera del nome potrebbe essere che qui sia usato come accusativo plurale senza alcuna modifica dovuta alla declinazione. Questa terza forma di quella strana parola, riportata nelle tre diverse versioni riferite allo stesso concilio, sembra essere la prima ad essere stata scritta,
Il “Displ. 31” di cui sopra rappresenta la registrazione dei voti contrari alla decisione assunta nella Provisio. Dai documenti citati si può assumere il numero dei votanti pari a 197, che rimase inalterato fino al punto 14° della Provisio, divenendo poi 206. Può essere interessante considerare come questi 197 fiorentini abbiano votato su diversi punti, per meglio comprendere la peso dell’opposizione; nel nostro caso la consistenza di chi considerava le carte un legittimo strumento di gioco.
Sfortunatamente, c’è un errore nei risultati registrati delle votazioni. Entrambi i record di Provisio riportano 174 sì e 23 no per naibbe/Naibe, mentre il libro dei record di voto, Libri Fabarum, ha, come detto, da 166 a 31. In particolare, c’è un disadattamento corrispondente a uno spostamento di un posto in la sequenza tra i due documenti. L’impressione è che nei Libri Fabarum il secondo 23, proprio corrispondente alle carte, non fosse riportato, dopo essere stato registrato per il punto precedente; 31 viene invece riportato, che dovrebbe corrispondere al successivo punto 4, e la serie prosegue con la corrispondenza dei numeri spostati di una voce. In ogni caso, sia esso 23, quanto più plausibile, o anche 31, rappresenta una piccola opposizione: i numeri corrispondenti ai 14 punti iniziali della stessa Provisio sono, secondo Registri e Duplicati, 52,23,23,31,42,0,57,57,51,61,31,31,27,43. Così, a parte un caso unico di decisione unanime, entrambi i numeri 23 e 31 corrispondevano praticamente ad un minimo del lato opposto.
In Libri Fabarum si può facilmente notare dal foglio seguente, corrispondente al giorno successivo, che la maggior parte delle questioni già approvate sono state nuovamente discusse e votate. Questa non sembra essere una procedura normale; forse era per il gran numero di punti che doveva essere votato il giorno prima. Certo, diversa era la composizione del consiglio, almeno dal punto di vista quantitativo, e diversi anche i tre copisti pubblici (Conero Spinelli, Bono Salamie e Lupicino Gualberti al posto di Mattheo Marchi, Spinello Bandi e Giorgio Cei). A questa seconda sessione appartengono le corrispondenti relazioni in Registri e in Duplicati.
La parte essenziale della relazione di Registri è stata prima indicata e pubblicata integralmente da Rosenfeld (4). In generale, i testi della seconda sessione appaiono abbreviati e le votazioni sono, se possibile, ancor più favorevoli alla conferma della decisione; ma su questo argomento Rosenfeld ha già discusso in dettaglio. Tra le considerazioni discusse da quello storico, una si basa sulla lettura di adçardi come ad cardi, per cui si ipotizza che siano coinvolti sia naibi che carte. Il significato del testo e l’esame di tutti i documenti rimanenti fornisce, tuttavia, un supporto molto maggiore all’interpretazione comune dei giocatori di naibi da condannare in futuro come giocatori d’azzardo (sulla base dell’analogia adçardi con il gioco d’azzardo).
Rosenfeld ha già osservato che nelle due sessioni successive è stata utilizzata una diversa grafia per naibi, ma ora otteniamo non meno di sei citazioni di naibi con tre per ciascuna sessione derivanti da Libri Fabarum, Registri e Duplicati. Possiamo leggerli tutti in Fig. 1. Le corrispondenti trascrizioni per le sessioni successive possono essere assunte come na(i)bbj e naibbj da Libri; naibbe e naibbj di Registri e Naibe e Naibbi di Duplicati. Nel complesso sarebbe difficile trovare più varianti scritte, fatto che indica come anche il pubblico amanuense abbia avuto evidenti difficoltà a trovare l’ortografia esatta di quel nome, certamente tutt’altro che tradizionale. Non solo le carte avevano una provenienza straniera, ma non avevano ancora un nome consolidato a Firenze in quello stesso 1377, quando la loro diffusione come strumento di gioco era già tale da indurre il governo del paese a discuterne e a condannarle .
(1) L.Zdekauer, “Il giuoco in Italia nei secoli XIII-XIV e particolarmente in Firenze” in Archivio Storico Italiano Ser. IV tomo 18 (1886) 20-74.
(2) F. Novati, “Per la storia delle carte da giuoco in Italia” in Il libro e la stampa (1908) 54-69.
(3) WL Schreiber, Le carte da gioco più antiche…Strassburg 1937.
(4) H.Rosenfeld, “Sulla databilità delle prime carte da gioco in Europa e nel Vicino Oriente” in Gutenberg Yearbook 1975, 353-371; Vedi anche H.Rosenfeld, “Il gioco di carte in Europa dal XIV al XVI secolo e l’Oriente” in Der Schlern 60 (1986) 725-732.
(5) H.Rosenfeld, “Il rapporto delle carte da gioco europee con l’Oriente e con gli Ur-Scacchi” in Archiv für Kulturgeschichte (1960) 1-36; H.Rosenfeld, “Sulla preistoria, la storia antica e la morfogenesi dei giochi di carte e dei tarocchi” in Archive for Cultural History (1970) 65-94.
(6) P.Bidev, L’origine spagnola della carta da gioco. Winsen-Luhe 1973.
(7) Ministero per i beni culturali e ambientali, Guida Generale degli Archivi di Stato Italiani Vol. II Roma 1983, p.49-51.
SULL’INTRODUZIONE DELLE CARTE DA GIOCO A FIRENZE di Franco Pratesi, 1989 (La carta da gioco, Vol. XVII, n. 3, pp. 107-112)
Fonte: http://trionfi.com/introduction-playing-cards-Florence
G.Berti – Storia dei Tarocchi – 2022
In alcune zone della penisola italiana pare che il gioco del naib si è aggiunto direttamente da un Paese islamico. infatti, in una cronaca di Viterbo scritta sul finire del Trecento, ma conservata solo in redazioni posteriori si legge: anno 1379, fu recato in Viterbo il gioco delle carte, che in Saracino parlare si chiama nai’b. Già alcuni anni prima precisamente nel 1375 il gioco dei naibi era arrivato a Firenze come testimonia il decreto Dei Priori che per combattere le cattive abitudini metteva in guardia su un ludus s qui vocatur naibbe arrivato recentemente in città. In realtà quel gioco non fu messo fuori legge infatti nel 1376 la città di Firenze cominciò a tassare il gioco dei naibi.
Storia dei Tarocchi, G.Berti 2022 p.14
Il Trattato di Johannes de Rheinfelden
1377 – BASILEA
Il “Tractatus de moribus et disciplina humanae conversacionis” di Johannes de Rheinfelden, frate domenicano, è uno dei primi documenti che attesta il recente arrivo delle carte da gioco in Europa e fornisce una descrizione del mazzo di carte e delle sue varianti, sebbene, concentrandosi sulla discussione moraleggiante non parla di nessuno dei giochi con esso giocati.




“Quindi è che un certo gioco, chiamato il gioco delle carte [ludus cartarum], ci è venuto in quest’anno, vale a dire. l’anno di nostro Signore 1377. In quale gioco lo stato del mondo, così com’è ora, è descritto e figurato in modo eccellente. Ma a che ora è stato inventato, dove e da chi sono completamente ignorante. Ma questo dico, che giova ai nobili e alle altre persone agiate che non facciano peggio, specie se lo praticano con cortesia e senza danaro.”
Johannes de Rheinfelden
Estratti del Trattato tradotti da E.A.Bond
Quindi è che un certo gioco, chiamato il gioco delle carte [ludus cartarum], ci è venuto in quest’anno, vale a dire. l’anno di nostro Signore 1377. In quale gioco lo stato del mondo, così com’è ora, è descritto e figurato in modo eccellente. Ma a che ora è stato inventato, dove e da chi sono completamente ignorante. Ma questo dico, che giova ai nobili e alle altre persone agiate che non facciano peggio, specie se lo praticano con cortesia e senza danaro.
Onde io, fratello Giovanni, l’ultimo nell’ordine dei Predicatori, tedesco di nascita, seduto, come accadde, distrattamente a tavola, girando nella mia mente in un modo e nell’altro lo stato presente del mondo, mi venne in mente d’un tratto il gioco di carta?, e ho cominciato a pensare a come potesse essere strettamente paragonato allo stato del mondo. E mi sembrava molto possibile, e che avesse una somiglianza con il mondo. Perciò, confidando nel Signore, decisi di compilare un trattato sull’argomento, e lo iniziai il giorno seguente, sperando con l’aiuto di Dio di completarlo. E se le persone vi trovano qualche passaggio non facile da capire, ma oscuro e difficile, scendano dalla loro barca a Burgheim e vi rientrino a Rinveld, e procedano, leggendo questo trattato, come prima, finché non giungono alla fine di esso. Perché il detto passaggio è pericoloso per i naviganti, tanto che molti scendono e, dall’altra parte, rientrano nella barca e procedono come prima. Ma l’argomento di questo trattato può essere paragonato al gioco degli scacchi, poiché in entrambi vi sono re, regine e capi nobili e gente comune, così che entrambi i giochi possono essere trattati in senso morale.
E in questo trattato mi propongo di fare tre cose: primo, descrivere il gioco delle carte in sé, quanto alla materia e al modo di giocarlo; secondo, moralizzare il gioco, o insegnare ai nobili la regola della vita; e terzo, istruire il popolo stesso, o informarlo del modo di lavorare virtuosamente. Perciò mi sembrava che il presente trattato dovesse intitolarsi “De Moribus et Disciplina Humane Conversationis”. Per la prima parte avrà sei capitoli. Nella prima verrà enunciato l’argomento del gioco e la diversità degli strumenti. Nella seconda si esporrà che in questo gioco c’è un’azione morale di virtù e di vizi. Nella terza verrà suggerito che serve per il sollievo mentale e il riposo degli stanchi. Nella quarta si mostrerà che è utile per gli oziosi, e può essere per loro di conforto. Nella quinta sarà trattato lo stato del mondo, così com’è, rispetto alla morale. Nella sesta si dimostreranno le parti aliquote del numero sessanta, e le proprietà dei numeri.
Nel gioco che gli uomini chiamano gioco delle carte, dipingono le carte in modi diversi e ci giocano in un modo e nell’altro. Poiché la forma comune e come ci è venuta per la prima volta è così, vale a dire. quattro re sono raffigurati su quattro carte, ognuno dei quali siede su un trono reale. E ciascuno tiene in mano un certo segno, dei quali segni alcuni sono reputati buoni, ma altri significano male. Sotto i quali re sono due marescialli, il primo de’ quali tiene in mano il segno in alto, allo stesso modo del re; ma l’altro tiene in mano lo stesso segno in basso. Dopo di questo sono altre dieci carte, esternamente della stessa misura e forma, sulla prima delle quali è posto una volta il suddetto segno del re; il secondo due volte; e così via con le altre fino alla decima carta compresa. E così ogni re diventa il tredicesimo, e ci saranno in tutto cinquantadue carte. Poi ve ne sono altri che allo stesso modo giocano, o fanno il gioco, di regine, e con tante carte quante si è già detto dei re. Ci sono anche altri che dispongono le carte o il gioco in modo tale che ci siano due re, con i loro “marschalli” e altre carte, e due regine con le loro nello stesso modo. Di nuovo, alcuni prendono cinque, altri sei re, ciascuno con il suo ‘marschalli’ e le altre sue carte, secondo che gli piace, e così il gioco è variato nella forma da molti. Inoltre vi sono alcuni che fanno il gioco con quattro re e otto ‘ marschalli’ e le altre carte comuni, e aggiungono inoltre quattro regine con quattro assistenti, in modo che ciascuno di quei quattro re, con tutta la famiglia di tutto il regno, parlando delle persone principali, c’è, e il numero delle carte sarà allora sessanta. E questo modo di fare le carte e in questo numero mi piace di più, e per tre ragioni: primo, per la sua maggiore autorità; secondo, a causa della sua idoneità reale; terzo, a causa della sua cortesia sempre più adeguata. In primo luogo, dico, a causa della sua maggiore autorità, poiché abbiamo la sua figura espressa nella Sacra Scrittura, Daniele iii.; e ancora in quella statua che il re Nabucodonosor, re di Babilonia, vide in sogno, e che Daniele gli interpretò, la quale statua aveva una testa d’oro, un petto d’argento, un ventre di bronzo e gambe di ferro. a causa della sua maggiore autorità, poiché abbiamo la sua figura espressa nella Sacra Scrittura, Daniele iii.; e ancora in quella statua che il re Nabucodonosor, re di Babilonia, vide in sogno, e che Daniele gli interpretò, la quale statua aveva una testa d’oro, un petto d’argento, un ventre di bronzo e gambe di ferro. a causa della sua maggiore autorità, poiché abbiamo la sua figura espressa nella Sacra Scrittura, Daniele iii.; e ancora in quella statua che il re Nabucodonosor, re di Babilonia, vide in sogno, e che Daniele gli interpretò, la quale statua aveva una testa d’oro, un petto d’argento, un ventre di bronzo e gambe di ferro.
Tractatus de moribus et disciplina humanae conversationis, Johannes de Rheinfelden 1377
I.Nadolny, Histoire du Tarot – 2018
Nel suo trattato Johannes parla di un ludus cartarum (“gioco di carte”): “Da lì ecco un certo gioco, che si chiama gioco di carte, è arrivato da noi quest’anno, cioè l’anno del Signore 1377. In questo gioco, lo stato del mondo nel tempo attuale e moderno è descritto e figurato in modo perfetto.” Questo trattato è interessante in più di un modo. Primo perché è il più antico testo di descrizione conosciuto giochi di carte. Evoca così i giochi a quattro giocatori re, ciascuno con il segno del suo colore, seguito da due marescialli, il primo con il suo stemma in alto, il secondo in basso. Questi sono seguito da dieci schede a punti con gli stessi colori i loro. Il libro evoca anche giochi con quattro regine, o anche due re e due regine, anch’essi seguiti dai loro due marescialli e dieci carte da gioco punti. Sfortunatamente, questo autore, trascinato dalle sue considerazioni morali, dimentica di descriverci gli emblemi sulle carte di cui parla e come si giocava. Sappiamo solo che ci sono emblemi “buoni ed emblemi “cattivi”. Questa informazione, sebbene succinta, è di per sé molto interessante, perché introduce già l’idea delle immagini sulle carte considerate come positive o negative!
Nadolny, Isabelle. Histoire Du Tarot: Origines, Iconographies, Symbolisme. Éditions Trajectoire, 2018. pag 21
(Nel suo trattato Johannes…) offre un’interessante delucidazione sul giochi di carte, il loro significato e il loro utilizzo nel suo tempo: “Da lì ecco che un certo gioco, che si chiama gioco di carte, ci è arrivato questo anno, cioè l’anno del Signore 1377. In questo gioco, lo stato del mondo nei tempi attuali e il moderno è interpretato in modo perfetto”.
Di quale stato del mondo sta parlando? Egli evoca giochi composti da quattro re, “ciascuno dei quali ha un certo segno in mano, destra e i quali segni alcuni hanno fama di essere buoni, ma altri significano male”. I re sono accompagnati da due marescialli, un “superiore” che tiene il suo segni in alto e un “inferiore” che tiene il suo segno in basso.
Il monaco ci insegna che i giochi possono essere composti anche da regine: sostituiscono i re o vengono aggiunte a loro con il loro “servitore”, questo rende il gioco di sessanta carte.
Ci sono anche giochi con due re e due regine, come il gioco più antico di carte conosciute fino ad oggi, il “Mazzo di Stoccarda”, che abbiamo citato prima, un gioco miniato del 1427-1431 e che rappresenta due re e il loro cavaliere e servitore, due regine e le loro dame .
Inoltre, il nostro buon monaco afferma che il gioco composto con le dame gli piace di più, per tre ragioni: perché così ha maggiore autorità, perché è decoro regale, e perché é più cortese.
In effetti, questi giochi evocano lo stile di vita aristocratico e cortese.
Se guardiamo le azioni e gli emblemi che accompagnano queste figure in questi primi giochi, sembrano ispirati al mondo della caccia attività dei nobili per eccellenza.
Prendiamo per esempio “il mazzo di Stoccarda” : sono quattro situazioni con cani e falchi (i cacciatori, potrebbero essere i marchi “ritenuti buoni”?) e quattro con cervi e anatre (i predati, forse i segni “reputati cattivi”?). In altri giochi, troviamo ancora animali; Cervi, conigli, leoni, orsi, draghi, levrieri; o ancora modelli come fiori o esseri umani.
Troviamo, ad esempio, la “regina di fiori” nel gioco del “Maestro delle Carte da Gioco” il più antico gioco di carte inciso conosciuto, 1435-1440, o ancora “le valet d’homme” nel “Gioco del Maestro E.S.” il secondo più antico conosciuto, del 1460.
Nadolny, Isabelle. Histoire Du Tarot: Origines, Iconographies, Symbolisme. Éditions Trajectoire, 2018. pag 35
G.Berti – Storia dei Tarocchi 2022
…Qualche informazione in più si trova in un capitolo del Tractatus de moribus e discipline umane conversaciones, scritto Basilea nel 1377 dal monaco Johannes de Rheinfelden. Il trattato è conosciuto solo tramite una copia del 1429 e tre copie del 1472, ma non si può dubitare che sia stato scritto effettivamente alla fine del Trecento. In sintesi, il monaco parlò di cinque diversi ludus cartarum giunti di recente in Svizzera, dichiarando però di ignorarne la provenienza. Se quelle carte fossero state saracene, il monaco lo avrebbe senza dubbio messo in evidenza; bisogna quindi ipotizzare che i cinque mazzi venissero dagli stessi luoghi da cui provengono le testimonianze più antiche: la Spagna o l’Italia.
È interessante notare che, a parere di Johannes, quei giochi raffiguravano in modo perfetto lo stato del mondo nella sua epoca, perché in entrambi ci sono re, regine, nobili e popolane: sono le stesse figure in uso ancora i giorni nostri sia nelle carte comuni, sia nei tarocchi. Purtroppo il monaco non specificò i semi distintivi, ma solo la struttura dei 5 mazzi, composti da alcuna quantità diversa di numerale di figure. si ritiene comunque possibile che si trattasse di “semi” latini: Coppe, Denari, Bastoni e Spade. Questi simboli furono probabilmente usati in tutta Europa nei primi decenni di diffusione delle carte da gioco, ma si cominciò ben presto a produrre nuovi modelli per soddisfare le esigenze della nobiltà.
Cronaca di Viterbo
1379 – Viterbo
Tre cronache redatte da cittadini Viterbesi che in riferimento alla stessa data con la sola eccezione del nome finale indicano l’arrivo nella città di Viterbo del gioco di carte chiamato Nayb, tutti e tre i cronisti si rifanno ad una cronaca scritta precedentemente da un certo Cola de Covelluzzo “spetiale”.
“Nell’anno 1379 fu recato in Viterbo il gioco delle carte da un saracino chiamato Hayl”.
Niccolò Della Tuccia
“Nell’anno 1379 fu recato in Viterbo il gioco delle carte che in saracino parlare si chiama Nayl”
Giovanni di Iuzzo
“Fu recato in Viterbo il gioco delle carte che in saracino parlare si chiama Nayb”.
Frate Francesco D’Andrea
I.Nadolny – Histoire du Tarot 2018
Un’altra data è interessante perché evoca finalmente una possibile origine di giochi di carte: nel 1379, una cronaca della storia di Viterbo in Italia nomina un gioco portato dai Saraceni. In quel momento era in corso una guerra tra papa Urbano VI e l’antipapa Clemente VII, in cui entrambe le parti hanno utilizzato mercenari, probabilmente tra loro musulmani. La cronaca riporta tra i fatti vari: “Nell’anno 1379 fu portato a Viterbo da un saraceno dal nome De Hayl il gioco di carte venuto dal paese dei Saraceni e chiamato naib.” Questo significa che abbiamo il documento che ci spiega l’origine e la nazione delle carte da gioco?
Nadolny, Isabelle. Histoire Du Tarot: Origines, Iconographies, Symbolisme. Éditions Trajectoire, 2018. pag 22
Cristina Mayer – Il più antico nucleo della storiografia di Viterbo
Nel tardo XV secolo tre cittadini di Viterbo scrissero la storia della loro città natale: Francesco d’Andrea, un frate di cui non si conosce l’ordine di appartenenza (1455), Niccolò della Tuccia, un mercante (1476) e Giovanni di Iuzzo, uno speziale (1479). Il periodo considerato in tutte e tre le cronache composte in volgare va dalle origini mitiche di Viterbo fino all’epoca in cui vivono i cronisti stessi e per il periodo fino a circa il 1400 i tre testi risultano sostanzialmente uguali. Questo si spiega in primo luogo con il fatto che i tre cronisti avevano a disposizione secondo le loro indicazioni le stesse fonti. Mentre per il XV secolo utilizzano i ricordi propri di ciascun cronista – nel caso di Francesco d’Andrea i racconti di un testimone anziano dell’epoca di nome Paolo di Perella –, Francesco d’Andrea e Giovanni di Iuzzo per il periodo tra il 1255 e il 1394 (Francesco d’Andrea) o 1413 (Giovanni di Iuzzo) indicano come fonti le cronache di un Gironimo medico e di un Cola di Covelluzzo spetiale. Niccolò della Tuccia, che si affida ai propri ricordi dal 1406, cita anche come fonte Cola di Covelluzzo, senza tuttavia precisare quale periodo della sua cronaca riguardi. Né Francesco d’Andrea, né Giovanni di Iuzzo danno indicazioni nel testo dove sia da porre la separazione tra la cronaca del medico Geronimo e quella dello speziale Cola di Covelluzzo. Lo scrittore dell’unico manoscritto conosciuto della cronaca di Iuzzo disponeva probabilmente di tale informazione. In corrispondenza dell’anno 1376 egli aggiunge la nota marginale Cola de Covelluzzo, così come anche nella cronaca complessiva egli indica con annotazioni a margine i cambi di fonte di Iuzzo che altrimenti possono essere dedotti dal testo.
Fonte: https://perspectivia.net/servlets/MCRFileNodeServlet/ploneimport4_derivate_00001266/0002-0029.pdf
Minuta Laurent Aycardi
30 Agosto 1381 – MARSIGLIA
Una delle tracce più citate nella Storia delle carte da Gioco la minuta Laurent Aycardi è una nota di un verbale notarile che attesta la comparsa dei giochi di carte (non è detto che siano Tarocchi) in Francia. Nella minuta, infatti, un certo Jean in partenza per l’egitto, si impegna a non giocare d’azzardo e tra i giochi “vietati” ci sono anche le carte da gioco.
I.Nadolny – Histoire Du Tarot 2018
D’altra parte, il 30 agosto 1381, nel verbale di un notaio marsigliese, Laurent Aycardi, un uomo di nome Jacques Jean, figlio di mercanti, avrebbe promesso all’imbarco per Alessandria di non giocare a nessun gioco, e cita tra gli altri: taxilli (dadi), scaqui (scacchi), paletum (il disco) e nahipi (le carte). Le carte probabilmente sono arrivate in Francia durante questo periodo, tra il 1369 e il 1381.
Nadolny, Isabelle. Histoire Du Tarot: Origines, Iconographies, Symbolisme. Éditions Trajectoire, 2018. pag 21
Marie Aubert – Jeux de cartes et tarot de Marseille 2008
Uno dei mazzi più antichi d’Europa, […] compare a Marsiglia nel verbale del Notaio Laurent Aycardi, datato 30 aprile 1381. Egli racconta la storia di un tale Jacques Jean, in partenza per Alessandria, costretto da due amici a giurare davanti al notaio che non si darà a nessun gioco, in particolare quello di Naïb, durante tutto il suo viaggio, pena il pagamento di una multa di 15 fiorini.
Marie Aubert, “Jeux de cartes et tarot de Marseille” in Le jeu de Marseille : autour d’André Breton et des surréalistes D.Giraudy 2008
G.Berti – Storia dei Tarocchi 2022
È molto interessante un atto notarile redatto a Marsiglia nel 1381. in quell’anno Jacques Jean, figlio di un mercante marsigliese, si impegnò, davanti a un notaio, a evitare il gioco d’azzardo (in particolare a nahipi) durante il suo viaggio in Egitto e ritorno, e anche durante gli otto giorni successivi al suo ritorno Marsiglia. È interessante notare che Jacques Jean stava per salpare per Alessandria, capitale dell’Egitto mamelucco; proprio da quei territori gli storici sospettano fortemente che le carte da gioco siano arrivate in Europa.
Berti, Giordano, Storia dei Tarocchi, 2022. p.14
“Cronica” Morelli
1393 – Firenze
Il mercante e cronista fiorentino Giovanni di Paolo Morelli citava i “naibi” tra i giochi innocenti da preferire a quelli d’azzardo in un diario di cronache, precetti e proverbi fiorentini iniziata nel 1393
… non giuocare a zara, né ad altro giuoco di dadi, fa giuochi che fanno i fanciulli: agli aliossi, alla trottola, ai ferri, a’ naibi, a coderone, e simili, anche in compagnia lata, e corri lancia, e fa altri simili giuochi, che addentano persona, e richieggonli a’ giovani-, alle nozze, alle feste … e cacce alcuna volta, ma non perseverare in quello.
Giovanni di Paolo Morelli
Su Giovanni di Paolo Morelli – www.storiadifirenze.org
…Celebrato dalla storiografia come tipico esempio del mercante scrittore e primo esponente della famiglia Morelli di una lunga serie di cronisti (Lorenzo Morelli, Lionardo Morelli, ecc.) Giovanni ci ha lasciato un libro di Ricordi che è insieme Cronaca e manuale di precetti. Le componenti di memoria personale si affiancano a quelle di storia cittadina allineando episodi intimi (le nascite e i battesimi dei figli, le fughe causate dalla pestilenza, le considerazioni sui parenti e sulla propria condizione) a memorie di cronaca pubblica (le vicende di Bernabò Visconti e del suo succesore Gian Galeazzo fino alla sua agognata dipartita, il tumulto dei Ciompi, la cacciata dell’Acciaioli e degli Alberti, la presa di Pisa). Tra le ricordanze di ordine familiare e quelle di ambito pubblico si inseriscono poi in una composizione equilibrata e affatto casuale momenti precettistici che spesso traggono ispirazione dalla trattatistica corrente:proverbi in rima, consigli contro la peste, suggerimenti per la scelta della sposa, indizi sul comportamento da tenersi col prossimo (deferenza verso il potere, sospetto verso il meno abbiente) e una ben nota e strutturata dissertazione (frutto della sua personale esperienza di orfano) sui danni che occorrono al pupillo privato del padre.
Opere
Ricordi, a cura di V. Branca, Firenze, Le Monnier 1956;
Ricordi, a cura di V. Branca in Mercanti scrittori, Milano, Rusconi 1986.
https://www.storiadifirenze.org/?storici=morelli-di-pagolo-morelli-giovanni
G.Berti – Storia dei Tarocchi 2022
Curiosamente uno scrittore Fiorentino, Giovanni Morelli, in un passo delle sue cronache di Firenze, avviate nel 1393, invitava i fanciulli a non giocare d’azzardo ma piuttosto fare giochi più innocenti, come gli aliossi, la trottola e i naibi. In sostanza non era ancora chiaro fino a che punto il gioco delle carte fosse un pericolo sociale. Di fatto, in tutta l’Europa occidentale sul finire del Trecento si giocava a carte nelle strade, nelle osterie e nelle corti picaresche.
Berti, Giordano, Storia dei Tarocchi, 2022. p.14
Editto di Barcellona
1382 – BARCELLONA
Una delle testimonianze più importanti per la datazione dell’apparizione e della diffusione delle carte da gioco in Europa sono i tanti editti che iniziarono ad essere emanati per la proibizione o la regolamentazione del gioco d’azzardo, tra i giochi “proibiti” anche le carte. Questa che presentiamo qui si riferisce ad un editto emanato nella città di Barcellona nel 1382.
que ningú no guos [gosi] jugar a ningun joch de daus, taules e naips
Editto di Barcellona
Mazzo Moresco “Italia 2”
1390 – ??
Il mazzo incompleto (40 soggetti su 49) denominato “Italia 2” attualmente al Museo Fournier di Alava (Spagna) è forse la testimonianza materiale di carte occidentali più antica a nostra disposizione. Questo mazzo è detto “moresco” per molti dettagli che ricordano le carte mamelucche pur presentando già una forte differenziazione nello stile e nei semi utilizzati. Questa testimonianza che possiamo considerare diretta sembra essere raramente citata…se vuoi saperne di più LEGGI L’ARTICOLO DEDICATO SUL MIO BLOG
















Fogli “Moreschi”
1390/1414 – BARCELLONA




Portati alla luce nel 1987 nell’ “Instituto Municipal de Historia di Barcellona” questi due fogli non tagliati, assieme al mazzo moresco “Italia 2” rappresentano forse la testimonianza materiale più antica di carte da gioco in Europa, la datazione varia a seconda delle fonti tra il 1390 (G.Berti) al 1414 (S.Wintle).
Le carte sono stampate da blocchi di legno come possono dimostrare i contorni neri in grassetto. Non sono presenti carte di corte e i numeri probabilmente andavano dall’ 1 al 10 e presentano una forma rudimentale di semi latini: Spade, Bastoni, Denari e Coppe.
…se vuoi saperne di più LEGGI L’ARTICOLO DEDICATO SUL MIO BLOG
S.Wetley – World of Playing Cards – 2010
Carte da gioco moresche, due fogli non tagliati, inizi del XV secolo. Questi due fogli incolori e non tagliati delle prime carte da gioco moresche erano precedentemente conservati nell’Instituto Municipal de Historia di Barcellona. Furono portati alla luce per la prima volta da Simon Wintle nel 1987 e da lui descritti in: A ‘Moorish’ Sheet of Playing Cards , in “The Playing Card” Vol.15 no.4, 1987, IPCS, England. ( L’articolo originale può essere scaricato qui .) Le carte sono stampate da blocchi di legno come contorni neri in grassetto. Non sono presenti carte di corte e i numeri evidentemente andavano da 1 a 10. I quattro assi (riga in alto, a sinistra)illustrare i simboli dei semi: una spada rivolta verso il basso, completa di elsa; una forma ambigua, curva, che potrebbe essere vista come una mazza curva (su quello che probabilmente è il due di ‘clavette’ vediamo due strisce curve non incrociate ma giustapposte); un semplice disco o moneta decorata con cerchi concentrici; e una coppa o calice con gambo poggiante su una base triangolare. A differenza del resto del mazzo, anche questi quattro assi hanno bordi a motivi geometrici.
Il primo riferimento storico a disegni specificamente moreschi a Barcellona è datato 1414, e successive discussioni hanno portato alla conclusione che queste carte sono forse il primo set di carte da gioco europee che ci sia pervenuto. Il pacchetto è stato realizzato prima che gli anni ’10 fossero soppressi e probabilmente sono di fabbricazione cristiana a imitazione di qualche prototipo musulmano. Dalla forma ambigua del segno del seme “baton” si ha l’impressione che il creatore di carte non fosse sicuro di cosa dovesse rappresentare il simbolo corrispondente nel suo prototipo. Inoltre hanno una sorprendente somiglianza stilistica con le carte islamiche mameluccheconservata a Istanbul. In effetti, sembrano una versione più semplice e rudimentale della stessa cosa, il che suggerisce che potrebbe esserci già stato uno stile consolidato di carte da gioco “moresche” prodotte in Spagna fin dai tempi più remoti dopo la loro introduzione.
Infine, possiamo notare che nell’esemplare di sinistra i bordi di ciascuna carta suggeriscono che il dorso delle carte fosse ripiegato in modo da formare un margine attorno al fronte delle carte, come nelle carte italiane e in alcune altre carte spagnole del XV secolo. Questo metodo di produzione è stato ereditato dalle carte moresche? I due “bastone” ricurvi verso l’esterno ricordano anche la disposizione delle spade nell’arcaico sistema di semi italiano del XV secolo .
Nota “Poupart”
1392 – FRANCIA
A Jaquemin Gringonneur, peintre, pour trois jeux de cartes à or et à diverses couleurs, ornés de plusieurs devises pour porter devers ledit seigneur roi pour son ebattement : LVI sols parisis.
Charles Poupart
In una nota del tesoriere di Carlo VI Charles Poupart si legge di un pagamento di 56 soldi parigini a favore di un certo Jacquemin Gringonneur per tre mazzi di carte dipinti di fattura pregiata.
Al momento non v’è traccia dei mazzi citati e come fanno notare ormai molti studiosi il riferimento a questa nota portò erroneamente per molto tempo ad identificare un mazzo di 17 carte di Tarocchi conservato alla Biblioteca Nazionale di Francia e ancora conosciuto come “il mazzo di Carlo VI” con uno dei tre mazzi. I Tarocchi di Carlo VI invece sono oggi attribuiti dalla maggioranza alle maestranze del ferrarese
I.Nadolny – Histoire Du Tarot – 2018
…nel 1392 troviamo menzionato in un libro dei conti di Carlo VI, un regolamento dovuto a un certo Jacquemin Gringonne per un gioco di carte. Una menzione famosa che ci ha fatto credere per molto tempo che designasse il più antico Tarocco della storia, ancora oggi conosciuto come il “Tarocco di Carlo VI”. Ma questo citato è un gioco di carte sconosciuto, che è stato confuso nel XIX secolo con il bellissimo tarocco conservato dalla Biblioteca Nazionale di Francia da un autore forse troppo zelante.
Nadolny, Isabelle. Histoire Du Tarot: Origines, Iconographies, Symbolisme. Éditions Trajectoire, 2018. pag 22
G.Berti – Storia dei Tarocchi 2022
Nel 1392 Charles Poupart, tesoriere di Carlo vi, il re di Francia, registrò il seguente pagamento: “Dati a Jacquemin Gringonneur, pittore, per tre giochi di carte a oro e diversi colori, con diverse insegne, per portare sostegno al signor re, per il suo abbattimento, 56 soldi parigini”. Van Rijnberk suppone che Jacquemin non fosse propriamente un pittore, fabbricante di giochi. Gringonneur infatti, potrebbe essere stato sia il nome di famiglia di Jacquemin, sia il suo mestiere, poiché per gringons si intendevano, a quell’epoca i giochi di domino e di dadi, e il gringonneurs erano gli artigiani che fabbricavano quei pezzi. Tra l’altro, il pagamento di 56 soldi potrebbe corrispondere al prezzo per ogni carta di un mazzo regolare di 56 carte, per intenderci, un mazzo composto da quattro gruppi, i “semi”, di 14 carte ognuno. Comunque sia, molti secoli dopo, le 17 carte di tarocchi conservate alla biblioteca nazionale di Parigi furono erroneamente identificati con uno dei mazzi dipinti per Carlo VI.
Berti, Giordano, Storia dei Tarocchi, 2022. p.18
Il caso Gringonneur su Wikipedia –
Jaquemin (o Jacquemin) Gringonneur era un pittore parigino della fine del XIV secolo documentato da una sola menzione, in un resoconto dell’Argenterie du Roi Charles VI , pubblicato nel 1704 dal gesuita padre Claude-François Minstrel . Si dice che abbia dipinto “tre mazzi di carte in oro e in vari colori”. Essendo scomparso l’archivio, non possiamo verificarne la fonte.
Nessun altro documento menziona Jacquemin Gringonneur, e le ricerche effettuate tra i pittori del periodo 1 non hanno permesso di trovare un personaggio così chiamato, anche in una grafia che si avvicina.
La presunta “invenzione” delle carte da gioco e il legame fatto con i “Tarocchi di Carlo VI” della Biblioteca Nazionale di Francia sono fabbricazioni antiche che la ricerca ha da tempo smentito: le carte da gioco arrivarono in Europa intorno alla metà del XIV secolo e il ” Tarocchi di Carlo VI” è un’opera italiana (fiorentina) della metà del XV secolo.
Non si sa nulla di Jacquemin Gringonneur. L’unica menzione che si fa di lui compare in un resoconto delle Argenterie di Carlo VI citato dal padre gesuita Claude-François Ménestrier nella sua opera Bibliothèque curieuse et instructive de vari libri, antichi e moderni, di letteratura e di arti (Trévoux, 1704) e che è importante riprodurre, perché tutti gli storici successivi dipendono da questa pubblicazione:
“Quest’anno 1392 fu l’anno sfortunato, in cui il re Carlo VI cadde in delirio, e fu per intrattenerlo durante questa malattia che fu inventato il gioco delle carte. La memoria più antica che siamo riusciti a scoprire, in cui è stato menzionato il gioco di carte, è dell’anno 1392, in un racconto di Charles Poupart, Argentier pour le Roy per un anno, a partire dal 1 febbraio 1392, dove si dice . “A Jaquemin Gringonneur, Pittore, per tre mazzi di carte in oro e in vari colori, in diverse valute, da portare al detto Signore per la sua gioia: LVI Soldi Parigini » Registro del Collegio dei Revisori. “
Claude-François Ménestrier
Come si vede, fu lo stesso Ménestrier a stabilire un legame tra la “frenesie” (follia) del re Carlo VI, dichiarato pazzo nel 1392, e la data del documento, che gli permise di attribuire a Jacquemin Gringonneur l’invenzione del gioco di carte. Ovviamente non è possibile sostenere questa affermazione, perché le carte da gioco avevano già vinto l’Europa da diversi decenni. Nessuno ha mai trovato i tre mazzi dipinti da Gringonneur.
Fonte: https://fr.wikipedia.org/wiki/Jacquemin_Gringonneur
Nota “Groslet”
1396 – FRANCIA
A pagina 286 del “Glossaire archéologique du Moyen Age et de la Renaissance“, 1862, di V.Gay troviamo riportata questa nota del tesoriere della regina Isabella di Baviera che paga 12 soldi per un astuccio per le carte della Regina.
“A Guiot Groslet, gaingnier, un estuy pour mettre les cartes de la royne, le petiz bastonnez d’ivoire et les roolles de parchemin 12 Soldi Parigini “
Testimonianza antica che ci aiuta a datare e mappare sempre più precisamente la diffusione e l’uso delle carte nella vita quotidiana di nobili e popolani.




la storia dei Tarocchi…continua 😉
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